Ricerche antropologiche Convab

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Sant'Orsola. Firenze. Foto di Enzo Russo

martedì 27 dicembre 2011

Relazione conferenza stampa 2 febbraio 2011:- nuove scoperte sulla Gioconda di Leonardo da Vinci-.

2 Febbraio 2011

Nel corso della suddetta conferenza, il Comitato ha inteso evidenziare alcuni studi ed approfondimenti relativi alla Gioconda di Leonardo da Vinci:

La Gioconda è il testamento pittorico, filosofico, esistenziale di Leonardo. La Gioconda va letta su più livelli come la Bibbia. Molti storici dell'arte o esperiti di Leonardo hanno commesso l'errore di dare una lettura o unilaterale o parziale di questo Testamento. Il nostro ritrovamento del 72 -numero chiave- e delle lettere L e S, presenti negli occhi della Gioconda, rappresentano un punto di riferimento e di partenza di una nuova interpretazione del quadro e del periodo leonardesco che va dal 1510 fino alla sua morte. Nella Gioconda convergono elementi pittorici, di stile e di contenuto, elementi simbolici e archetipi nonché un vero e proprio pensiero di Leonardo sintetizzabile nel 72 e nel ponte, il cui significato simbolico è importante per una lettura esaustiva e attendibile di questo grande genio. La Gioconda, come il Vecchio e il nuovo Testamento, racchiude vari livelli di interpretazione: uno pittorico, uno simbolico, uno filosofico, uno religioso, uno psicologico ed esistenziale e, per finire, essa contiene la sintesi della vita e del pensiero di Leonardo espresso attraverso i principi fondamentali dell'umanesimo e del rinascimento quali l’armonia, la giusta proporzione, la felice sintesi fra elementi opposti. In Leonardo convive sia la contrapposizione degli opposti sia la loro fusione che trovano presenza e sostanza nella Gioconda. La Gioconda si presenta come pittura-scienza-psicologia, espressione dell’interiorità di Leonardo in cui prevale una maestosa tranquillità, una serenità pacata, arguta, ironica e insinuante. La Gioconda esprime il superamento del contrasto fra la Venere Celeste e la Venere volgare, il contrasto fra Angelico e Demoniaco, spirituale e sensuale, sacrale e orgasmico, immanente e trascendente, elementi presenti anche nell'opera perturbane di Leonardo - l'Angelo incarnato- che si può ritenere realizzata fra il 1511- 1513.



In quest’ultima opera, dove si coniugano sembianze femminile e maschili, angeliche e demoniache, spirituali e sessuali, il contrasto è evidente e non superato. L'Angelo incarnato ha le sembianze inequivocabili del Salaì, il suo allievo, servo e forse amante. Vi sono tutta una serie di disegni e dipinti di Leonardo dal carattere efebico, ambiguo e androgeno, il cui viso è riconducibile al Salaì. In queste opere, quali ad esempio la Monna Vanna o Monna nuda, il S. Giovanni Battista e l’Angelo della Annunciazione, il Salaì si presente nei suoi caratteri sensuali, ammiccanti, seducenti e con il naso ed il sorriso simile a quella della Gioconda. Leonardo chiamò Gian Giacomo Caprotti Salaì quattro anni dopo che era al suo servizio. Il termine lo mutò da un'opera - il Morgante Maggiore- del Pulci e significa diavolo, tentatore, inondazione di passione sensuale, ecc. ecc. La Gioconda non è un fedele ritratto di una cortigiana come molti sostengono. Leonardo rappresentava sia gli aspetti fisici che quelli dell'animo. Leonardo non era un ritrattista e se fece alcuni ritratti per commissione lo fece per necessità materiali e sempre aggiungendo la sua creatività artistica e filosofica. La Gioconda porta alcuni tratti fisici del Salaì che fu molto probabilmente una sorta di modello, suo compagno durante i molti anni in cui Leonardo attese alla Gioconda in modo sporadico e con lunghi periodi di sospensione. Il Salaì fece parte della Gioconda anche per quanto riguarda alcuni aspetti simbolici, sensuali e valoriali in essa tuttavia superati e ricomposti attraverso quel superamento degli opposti che egli espresse e che - l'Angelo incarnato- rappresenta in modo duro e chiaro. Oltre al Salaì, che corrisponde alla S trovata, si può forse trovare la presenza di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Vi sono molti riferimenti storici e documentali al riguardo, elementi che tuttavia non ci permettono di sostenere con certezza che la Gioconda sia un fedele ritratto di Lisa Gherardini. Essa potrebbe comunque aver rappresentato un ulteriore elemento di riferimento. Leonardo portò con sé la Gioconda per circa 20 anni. E'certo che continuò fino all'ultimo a intervenire su questo quadro-testamento. Nel 1954, a seguito di in un esame a raggi x realizzato sul quadro, venne accertato che originariamente la Gioconda non aveva quel sorriso che ora vediamo ma, al contrario, la bocca era cupa e malinconica. Si è anche accertato che vi sono vari sovrapposizione nel quadro, segno questo di molte modifiche e mutamenti. La L trovata nell’occhio sinistro per chi guarda corrisponde anche a Leonardo in una forma psicologico-esistenziale, rinvia al suo travaglio, alle sue due madri, quella vera, la Caterina ( serva ), e quella adottiva, che il padre Piero sposò dopo poco e da cui ebbe vari figli. Non va mai dimenticato che Leonardo era un figlio illegittimo e concepito fuori dal matrimonio, non va dimenticata l'ambigua e forse ambivalente natura sessuale di Leonardo. Nella Gioconda questo contrasto e conflitto sessuale, esistenziale, affettivo e intellettuale trova un suo superamento e armonia.

Alcuni sostengono che la Gioconda fosse una donna incinta e forse in lutto e che il ponte presente nello sfondo destro del quadro sia un elemento importante; queste teorie rafforzerebbero l’idea che tale raffigurazione prese le mosse dal reale in quanto anche Lisa Gherardini era incinta quando Leonardo, sulla base di una commissione del marito Francesco del Giocondo o di Giuliano de Medici, che poteva essere stato suo amante, la volle ritrarre. Tuttavia, come scrisse il Vasari, del dipinto vi era solo il viso e se questa asserzione è vera, quel viso ha subito modifiche fra cui quelle ispirate al Salaì.

Il ponte presente nel quadro non ha nulla a che vedere con quanto affermato nei giorni scorsi da una studiosa Savonese (C. Glori) la quale piega arbitrariamente la presenza del numero 72, scoperta dal dott. Vinceti, come riferibile ad una data, il 1472, data che coincise con il crollo del ponte medesimo. L’opinione di Silvano Vinceti è che Leonardo non andò mai a Bobbio, in provincia di Piacenza, dove sorgeva il ponte, al contrario durante quel periodo era a Firenze presso il Verrocchio e aveva 20 anni. Il ponte rappresentato si trova invece sul fiume Arno, nelle vicinanze di Arezzo, in località Buriano. Il ponte in questione è oggi ancora eretto, di forma medievale a quattro arcate, conosciuto da Leonardo e rappresentato in vari schizzi presenti nella biblioteca reale di WINDSOR. A parte questo aspetto visivo, il ponte ebbe comunque vari significati fra cui quello di congiungere gli opposti, di mutamento di condizione, dell’aldilà rispetto alla vita; un significato di vita e della sua fine, inteso anche come ritorno al ventre materno, prima della vita, all'interno del liquido amniotico. Leonardo conosceva molto bene tutti questi simboli e significati.

La presenza del ponte nella Gioconda non è casuale ma contribuisce a formare quel testamento del grande Genio e si può abbinare alla donna ritenuta incinta, in lutto o vestita come tale; inoltre, questo elemento viene riprodotto nella Gioconda e similmente nella Madonna dei Fusi. Va comunque sottolineato che Leonardo, per conto di Cesare Borgia detto il Valentino, era nel 1503 presso Arezzo al fine di studiare fortificazione e viabilità. Realizzò una riproduzione della zona e del ponte con particolari caratteristiche idrogeologiche e morfologiche. La parte destra dello sfondo del quadro è altresì riconducibile ad alcune caratteristiche dell'ambiente lombardo che Leonardo conosceva bene e di cui ci sono molti schizzi nel Codice Atlantico e non solo.


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